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Separazione

La separazione personale dei coniugi

Approfondimenti sulla separazione personale dei coniugi, consensuale e giudiziale, e sul tema della conflittualità dei coniugi separando.

Perché separarsi?

Spesso, quando si parla di separazione, il primo pensiero è quello relativo ad un lungo e farraginoso iter giudiziario. In realtà la separazione dei coniugi è un processo lungo, un percorso individuale all’interno del quale il concretizzarsi del momento formale è una tappa necessaria. L’essere “davanti al giudice” è solo un momento di un prima e di un dopo che coinvolge integralmente la coppia, le sue dinamiche, i suoi vissuti: “davanti al giudice” tutto questo viene, per così dire, “oggettivizzato”, reso tangibile, assume la forma concreta di uno “scritto”.

Come “percorso” la separazione è, dunque, “semplicemente” una delle possibili dinamiche della coppia. E’ la manifestazione di un processo di allontanamento legato al momento della disillusione individuale che segna una delle tappe ineludibili del percorso di coppia, del percorso evolutivo della coppia. Se l’innamoramento è uno dei momenti genetici della coppia è pur vero che, spesso, in questa fase il partner proietta nell’altro un se stesso perfetto quasi in una sorta di delirio edonistico (ben descritto da Fromm).

Solo successivamente, nella fase della disillusione, si “riconosce” – alle volte per la prima volta – la diversità dell’altro. Questa è una vera e propria “crisi” che segna una delle tappe fondamentali dell’evoluzione del rapporto di coppia (come può essere anche la nascita di un figlio, un lutto, una situazione di disagio economico e così via) e la modalità di superamento, spesso, segna la successiva vita del rapporto di coppia.

La diversità, il riconoscimento, può essere la chiave di una trasformazione evolutiva come può essere il bivio oltrepassato il quale, inesorabilmente, la coppia idilliaca della fase dell’innamoramento è destinata a dissolversi in modo più o meno traumatico. Questa condizione, spesso, viene vissuta in termini di fallimento con conseguenze di rilievo in termini di conflittualità anche nella separazione “giuridica”.

Dunque perché separarsi? Quando? Sicuramente quando le tensioni (il progetto di vita, la comunione ed il riconoscimento di comuni intenti) dei partner non sono più condivisibili e reciprocamente contenibili, quando la convivenza determina un deterioramento costante della qualità di vita individuale e dell’intero nucleo familiare (es. litigi, ansia, depressione), quando, insomma, l’indice individuale relativo alla soddisfazione dei bisogni ed aspettative nella coppia è costantemente ed irrimediabilmente rivolto al negativo.

La decisione di separarsi è un perché ed un quando che, spesso, vengono vissuti come “liberazione necessaria” dall’altro e dell’altro e, ancora più frequentemente, sono il punto di origine di una conflittualità esasperata e rivendicativa ma anche compensativa.

Che cosa significa separarsi?

Se dal punto di vista psicologico la separazione è sicuramente un “lutto”, un momento di distacco dall’altro e di trasformazione (alle volte di vero e proprio recupero) dell’identità individuale in una nuova prospettiva di vita, dal punto di vista legale la separazione assume dei connotati ben precisi in relazione al tipo di unione che ha “istituzionalizzato” la coppia.

Infatti, la separazione (sempre dal punto di vista legale) è il momento in cui i coniugi, tali in virtù di una unione civilmente riconosciuta, verranno “autorizzati” a far cessare parzialmente gli obblighi reciproci assunti con il matrimonio (della convivenza in particolare) seppur mantenendo integro il mutuo rispetto.

Come ci si separa?

Il nostro ordinamento giuridico prevede due modalità attraverso le quali i coniugi possano giungere alla separazione: consensuale e giudiziale. La separazione consensuale prevede la costruzione di un accordo congiunto che sarà sottoposto al giudice per l’omologazione.

In sostanza, le decisioni dei coniugi, qualunque esse siano, devono essere sottoposte ad un vaglio sia di legittimità (rispetto della legge) sia di congruità e coerenza (specie se la separazione coinvolge figli minori). Per quanto frutto di reciproco consenso quindi, non possono essere omologati accordi di separazione che in qualche modo siano pregiudizievoli degli interessi di uno dei coniugi (es. economici) o, soprattutto, della prole (es. mantenimento della prole, affidamento, visita).

L’iter della separazione consensuale è, rispetto a quella giudiziale, piuttosto celere risolvendosi in una sola udienza di comparizione dei coniugi fissata a seguito della presentazione del ricorso congiunto (contenente gli accordi di separazione). Successivamente all’udienza di comparizione delle parti, la separazione sarà conclusa (anche ai fini del computo dei termini per l’eventuale successivo divorzio) con l’omologazione dell’accordo.

Alcuni Tribunali consentono che tutta la separazione consensuale avvenga senza l’assistenza dell’Avvocato tuttavia, proprio ai fini della certezza dell’omologazione, una valutazione preventiva da parte di questo dei termini dell’accordo, appare necessaria. Al contrario della separazione consensuale, la separazione giudiziale prevede l’instaurazione di una vera e propria fase contenziosa tra i coniugi che non riescono a raggiungere (per i motivi più disparati) alcun accordo.

In questo caso la determinazione del contenuto della separazione è rimessa al Giudice sulla base delle rispettive (contrastanti) richieste. La procedura, che richiede necessariamente l’assistenza di un avvocato, è avviata da uno dei coniugi mediante la presentazione di un ricorso.

In sintesi, si avrà una prima fase nella quale verranno fissate le modalità temporanee di realizzazione della separazione sino alla pronuncia della c.d. “sentenza parziale”, le successive eventuali domande (es. imputazione di colpa nella separazione) saranno poi risolte con la sentenza definitiva avverso al quale é comunque possibile proporre appello.

Il conflitto tra coniugi

Molto spesso la separazione assume la funzione di “luogo pubblico” del conflitto tra i coniugi. La “delega” all’avvocato (ovvio che non qui non si intende semplicemente il conferimento del mandato) assume il significato di una specifica attività destinata ad ottenere una “ragione pubblica” (la sentenza) dove il conflitto coniugale non è più vissuto come la soluzione di un problema contingente ma, piuttosto, come un vero e proprio scontro senza quartiere.

E’ vero che, spesso, l’istanza di separazione è correlata a situazioni di degrado almeno psicologico consistenti, come è anche vero che ogni separazione – come detto – deve essere considerata come l’epilogo di un percorso individuale seppur vissuto nell’ambito della coppia; ma è anche vero che troppo spesso (un “troppo” che ha spinto il legislatore ad intervenire in modo specifico) ad essere “vittime” degli effetti del conflitto sono i figli.

Purtroppo questi diventano in breve, veri e propri strumenti attraverso i quali si cerca di colpire il coniuge oltre quelle che possono essere le dispute di natura meramente patrimoniale: in questi casi (oltre l’eventuale necessità di interventi specifici) lo strumento della mediazione familiare è uno strumento di indubbio vantaggio nel ridimensionamento e nella riduzione delle conflittualità, riguardo al quale i coniugi separandi devono ben essere portati a conoscenza.

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